Conservazione documenti contabili
Ai fini civilistici l’art. 2220 del c.c. prevede che le scritture contabili, le fatture, le lettere, eccetera (la norma è comunque applicabile a tutti i documenti aventi natura contabile, fiscale ed amministrativa) devono essere conservate per dieci anni. Per i registri contabili il termine decorre dalla data dell’ultima scrittura riportata mentre per i documenti dalla data di emissione degli stessi.
In ambito fiscale, fatti salvi i più ampi termini previsti dalla normativa civilistica, i termini di conservazione della documentazione sono disciplinati dall’art. 43 del D.P.R. 600/73 e dall’art. 57 del D.P.R. 633/72.
Ai sensi delle norme richiamate la documentazione fiscale (tra cui rientrano senza meno i documenti citati) deve essere conservata almeno fino allo scadere del termine entro il quale è possibile per l’Ufficio esperire l’attività di accertamento e controllo.
Su tale punto occorre fare un distinguo a causa delle modifiche normative intervenute con la legge di stabilità 2016.
Fino all’anno d’imposta 2015 il termine scade il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Dall’anno 2016 il termine scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (in caso di dichiarazione omessa i termini risulterebbero aumentati di due anni).
Detto altrimenti, ai fini fiscali, le fatture dell’anno 2015 dovranno essere conservate fino al 31 dicembre 2020. Le fatture dell’anno 2016 (a causa delle modifiche normative introdotte) dovranno invece essere conservate fino al 31 dicembre 2022.
Retroagendo, in costanza della vecchia normativa, possiamo dire che per le fatture relative all’anno 2011, il termine di conservazione fiscale è scaduto il 31 dicembre 2016.
E’ importante però osservare che se la società dovesse essere interessata da una procedura di accertamento fiscale, i termini richiamati potrebbero essere ben più ampi anche di quelli civilistici, dovendosi conservare i documenti fino a quando la procedura di accertamento non si sia definita (anche in sede contenziosa).
In merito al termine da rispettare (civilistico o fiscale) la decisione spetta all’azienda. Sicuramente essendo il termine civile più ampio di quello fiscale (fatta salva l’ipotesi di controlli o accertamenti), rispettato il primo risulterà rispettato anche il secondo.
In definitiva se conserviamo i documenti contabili e fiscali per dieci anni (salvo accertamenti non definiti) siamo a posto sotto ogni profilo, sia civilistico che fiscale.
Se le ragioni di spazio fisico fossero veramente importanti, si potrebbe anche rispettare esclusivamente il termine fiscale. In detta ipotesi però, in caso di contestazioni di natura civile che dovessero coinvolgere documenti distrutti (si pensi ad una fattura pagata per contanti con quietanza apposta sul documento, dove il fornitore, entro i termini di prescrizione, ne richiede ancora il pagamento) non avremmo più la documentazione probatoria.